Quando va tutto storto (ma forse no)
- francesca bartolini
- 5 lug
- Tempo di lettura: 3 min
Capita a tutti, prima o poi. Dopo mesi – o anni – di lavoro su qualcosa di importante, arriva il momento in cui tutto sembra crollare. Un evento preparato con dedizione, pazienza e fiducia… e poi, proprio alla fine, a una settimana dal grande giorno, si presentano complicazioni grosse.
Di quelle che fanno pensare: “Ma chi me l’ha fatto fare?”
Oppure, un progetto lavorativo tanto desiderato prende una piega strana: ritardi, malintesi, tensioni tra colleghi. E la tentazione di mollare tutto e cambiare strada è forte. Ci si sente sopraffatti, stanchi, delusi. E magari si affaccia anche quel pensiero fastidioso:
“Forse non era destino.”
Eppure, nonostante tutto, qualcosa dentro non vuole arrendersi. Anche se la voglia di piangere (e sparire) è reale, c’è come una sensazione sotterranea che sussurra:
Aspetta.
Guarda meglio.
La realtà che non si vede
La Metafisica, quella ispirata dagli insegnamenti di Saint Germain, dice una cosa potente: ciò che chiamiamo “problema” è solo un’apparenza.
La vera realtà è sempre la Perfezione.
Quella che non vacilla, che non crolla, che non si confonde. E che spesso non si vede, proprio quando siamo nel mezzo del caos.
Non è un invito a far finta che tutto vada bene. È un invito a guardare più a fondo. A non fermarsi al livello superficiale delle cose che sembrano “andare storte”, ma a chiederci:
e se fosse solo una soglia?
Quando la Luce si espande, tutto ciò che la blocca viene a galla
È quasi ironico, ma ogni volta che stai per fare un salto – reale, energetico, creativo – è come se venisse su tutto quello che non può più andare avanti con te. Le convinzioni limitanti. Le paure. I vecchi schemi di controllo. Le situazioni non allineate.
E allora il caos non è il segnale che stai sbagliando strada. A volte è proprio il segnale che sei vicinissimo a una trasformazione.
Lo so, è difficile crederci quando ti crollano tre cose in un giorno e ti senti al limite. Ma se resti fermo dentro, se fai spazio invece di reagire, qualcosa cambia. Non fuori – almeno non subito – ma dentro sì.
E questo fa tutta la differenza ( perchè poi c'è " Come dentro, così fuori", remember? )
Il vero lavoro non è “risolvere i problemi”
Il vero lavoro è ricordare chi siamo, anche quando tutto sembra andare in pezzi.
È restare in contatto con quella Presenza interiore, silenziosa e luminosa, che non dubita, non si agita, non si perde dietro alle apparenze. È quella parte di noi che non va mai in crisi, perché non appartiene al mondo del cambiamento, ma alla realtà della perfezione.
La mente può confondersi, il cuore può stancarsi, ma la Presenza è sempre intera. È il centro stabile dentro al vortice. È il punto da cui possiamo respirare, anche quando fuori sembra tutto troppo.
Non serve essere perfetti, né super zen. Serve solo riconnettersi, anche solo per un attimo, a quella parte di noi che è già perfetta. Da lì, il resto comincia lentamente a riorganizzarsi.
E se fosse tutto esattamente come deve essere?
Forse questo evento, questo progetto, questa cosa che ti preme così tanto, non è “rovinata” dalle difficoltà.
Forse si sta solo rivelando.
Forse si sta liberando da tutto ciò che non serve più.
E magari, nel momento in cui smettiamo di combattere con quello che “non funziona”, iniziamo a vedere ciò che sta funzionando a un altro livello.
In fondo, la perfezione non è quando tutto fila liscio. È quando, nonostante tutto, senti che sei nel posto giusto.
E anche se ancora non lo vedi… magari, lo sei davvero.

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